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Antonio Aregoni nella sua bottega - Credit Photo: per gentile concessione di @antonioaregoni
Antonio Aregoni Murales Impulsi Creativi https://www.impulsicreativi.it/
Antonio Aregoni – Murales di Gairo (particolare). Credit Photo: per gentile concessione @antonioaregoni

 

L’intervista con Antonio Aregoni, muralista e testimone artistico della vita, delle usanze e del patrimonio della Sardegna, si è trasformata presto in una chiacchierata tra individui entusiasti della stessa materia. Io, l’intervistatore, ma anche il pubblico di un lavoro che trasmette l’energia del raffigurato ed esprime da ogni soggetto la volontà dell’autore. E lui, l’artista intervistato, uomo il cui entusiasmo tracima dalle parole e sembra disegnare nell’etere un ballo, trasformazione di un battito d’ali nelle immagini che non smetterebbe mai di raccontare.

Antonio Aregoni, ogliastrino di Jerzu, abbandona l’isola per andare a studiare sulla terra ferma. Più precisamente a Roma dove una Laurea in Scenografia all’Accademia delle Belle Arti sembra aprire un futuro nel teatro, nello spettacolo, forse nel cinema. Non mancheranno esperienze, conoscenza e posti lontani e differenti, eppure il richiamo della terra emerge quando ancora potrebbe non sembrare il momento. E’ il 1996 e si realizza il ritorno in Ogliastra con tutta la famiglia a seguito. Da quel giorno la nuova occupazione è come muralista e pittore di storie. Storie della terra, dalla terra e per la terra di nascita. L’intervista con Antonio Aregoni è stata la porta verso un mondo nuovo, differente dal mio conosciuto e che spero possa entrare un pò nella vita di ognuno. Una Street Art che racconta una storia tutta sua, con canoni ben precisi e che sa perfettamente dove vuol arrivare.

Gli spettatori dell’intera comunità si devono sentire direttamente coinvolti nell’identificarsi con il dipinto. Esso non mi appartiene più, è loro.

Antonio Aregoni

Antonio Aregoni in questa intervista vorremmo ci parlasse del suo background e delle sue scelte. Quella di riabbracciare la Sardegna è più di cuore o professionale?

Diciamo un cuore professionale. Il cuore e la professione sono state complementari alla mia scelta. Tutte le grandi esperienze coloristiche le feci a Monaco di Baviera, mi diedero padronanza tecnica di miscelazione rivolte al “come fare” rispetto al “cosa fare”. Già mi trovavo immerso a respirare l’aria dei grandi maestri dell’Espressionismo nord europeo. Notavo pian piano dove finiva l’Accademia e iniziava il lavoro di bottega. Ed è quella che infine ti forgia e ti fortifica. Ecco perchè la scelta attenta di ritornare in Sardegna. Avevo una missione quasi a giustificare quella scelta. Questo è per me importante.

Esperienze sviluppate nella patria dei fondatori dell’espressionismo della città di Monaco e dintorni. Voglio citare il movimento “Der Blaue Reiter” legato alla poetica e allo studio del Cavaliere Azzurro fondato da Vasilij Kandinsky, e l’adesione successiva di Franz Marc.

Gli studi e le Muse legate fra loro per capire l’importanza dell’identità di sensazione ed immagine. Il meccanismo congruo alla percezione e all’immaginazione, dove tuttavia l’arte fu nettamente distinta da quella della natura e la determinazione delle forme artistiche dipendevano esclusivamente dagli impulsi interiori del soggetto. Tanta roba!

Ormai lei si colloca all’interno della grande tradizione muralistica sarda. Come è stato dover ricominciare da capo, a casa sua, dopo il ritorno dalle tante esperienze in giro per l’Europa?

Intanto c’è da dire una cosa: io ufficialmente inizio ad essere operativo in Sardegna dal 1996. Fu l’anno di passaggio dalla Baviera all’Ogliastra, dove ancora oggi vivo con la mia famiglia all’interno della mia casa-studio. Ho esordito, come artista ovviamente, con delle partecipazioni a delle estemporanee organizzate nei paesi limitrofi. Iniziai a farmi conoscere come colorista riuscendo a dipingere su muri antichi e rovinati. Sapevo come predisporre la parete al dipinto esterno con l’ausilio degli ossidi e i suoi legamenti acrilici repellenti all’acqua, ma ancor più ai raggi UV. Infatti dico sempre che il mio nemico non è l’acqua ma il sole.

Iniziarono le prime commissioni lavorative in alberghi lussuosi situati sulla costa orientale dell’isola. Tuttavia devo dire, non ci fu ancora nessuno scossone artistico. Non conoscevo ancora bene le problematiche sociali e politiche della contrada ogliastrina, e devo ammettere che ancora non sentivo l’esigenza di un cambiamento attraverso un’eventuale diretta partecipazione. Mi limitavo ad eseguire il compito delle maestranze degli ingegneri e degli architetti, portando al soddisfacimento i loro progetti esecutivi tradotti in “colore”. Sono stato un bravo esecutore delle loro idee.

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Antonio Aregoni – Vecchio telaio a Talana (particolare). Credit Photo: per gentile concessione @antonioaregoni

Un lavoro il suo che non può prescindere dal legame con il territorio. Si riesce ancora a raccontare la vita della Sardegna attraverso i murales oppure le nuove tecnologie stanno prendendo il sopravvento?

Una bella domanda! Per un artista o una persona che nutre la passione per la creazione del fare, non al puro e mero divertimento, il legame con il proprio territorio non può prescindere. Che si svolga l’attività di muralista, di pittore o scultore, ma anche di musicista, poco importa. Quando io finisco un’opera, un murale, per esempio, e lo identifico firmandolo, dico sempre: «io vado via, ma nel lavoro che lascio inizia un nuovo processo di appartenenza. Gli spettatori dell’intera comunità si devono sentire direttamente coinvolti nell’identificarsi con il dipinto. Esso non mi appartiene più, è loro».

Certamente che si deve andare avanti, anzi! Più il tempo va avanti -su tempus benidori- cosi anche noi, consci, dobbiamo stare al passo. Ma poi, in fondo cos’è il tempo moderno?

Con gli ultimi murales che ho dipinto a Gairo, ho cercato di dipingere la vecchia cultura del fare. Con la matrice di Gairo Vecchio ho identificato la cultura e accorpato i vecchi sistemi lavorativi, come le antiche macine che si usavano nei frantoi negli anni ’40, ’50 e ’60. In quel periodo ben quattro frantoi erano attivi in paese, mentre oggi -nel 2024- quanti ne sono rimasti? Le rispondo subito: nessun frantoio è più operativo all’interno del nuovo borgo. Ecco secondo me il problema è proprio questo. L’arte in fin dei conti, è come un gioco. Ed è proprio pur rimanendo un gioco che può perfino fornire lo spunto a qualche riflessione, e ridar vita a ricordi sopiti in grado di ridestare sentimenti nobili e delicati. Non è passatismo. E’ la realtà.

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Antonio Aregoni – Murales a Cardedu (particolare). Credit Photo: per gentile concessione @antonioaregoni

L’intervista con Antonio Aregoni è scivolata via tra racconti del passato e analisi di questo presente. Ma che consiglio si sente di dare alle nuove generazioni di pittori e muralisti?

Bisogna sempre stare attenti in merito ai consigli che si vorrebbe dare. Sarebbe più opportuno chiamarli “suggerimenti”. Normalmente i consigli sono il frutto di un’esperienza lavorativa soggettiva. Nel senso che, io in base alle mie esperienze, offro dei suggerimenti che si nutrono del mio bagaglio culturale. Ma -ahimè- non abbiamo studiato tutti dagli stessi libri e ognuno per fortuna trama i propri desideri che con umiltà e sacrifico porta avanti.

Ognuno deve farsi paladino dei propri saperi, rispettandone i sentimenti, senza dispute e ingiustizie, tutto nella pura libertà e democrazia. Artisti si nasce ma premiati dalla propria arte si diventa. Dunque, questa ricompensa, è frutto di un puro e sano interscambio tra noi stessi e i consigli che l’esperienza, di ogni tipo, può fornire.

ANDREA TERRENI

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Andrea Terreni

Mi chiamo Andrea Terreni e vivo a Firenze da quando ho scelto di frequentare qui l'Università. Mi sono laureato in Pedagogia senza apparente sforzo, impegnato in quegli anni di grande fermento a vivere le persone, incorniciare gli avvenimenti e scarabocchiare le tovagliette delle osterie. La Pedagogia è stata il punto di partenza di molte altre passioni come la filosofia, la storia e l'arte. La scrittura invece è sempre stata un'opportunità quasi sofferta, un'occasione di fuga. Ho discusso una tesi di laurea sul "bisogno e la pratica terapeutica dello scrivere" e su come questo possa influenzare il vissuto di ognuno. La scrittura è stata da sempre per me una compagna silenziosa, paziente, a tratti invisibile. Eppure tremendamente fondamentale. Il resto è storia recente e di pochi giorni. Un piccolissimo romanzo (Diario di un Addio) per mettere fine a tante storie del passato. Una silloge poetica (Paroxetina) per affrontare in modo terapeutico un periodo del presente. E poi tanti progetti, tanta scrittura e tanto futuro. Scrivo, ho scritto e scriverò di calcio e calci per SuperNews, di ciclismo e storie della bicicletta per Fuoricorsa e delle bellezze della mia Firenze per FUL. Ho diretto il blog "La Locomotiva" come fosse un Bar in cui si è parlato di Poesia, Prosa, Prosatori e Poeti. Mi chiamo Andrea Terreni ed è difficile che possa raccontare cosa sono. Ho un Ristorante e sono un giornalista. Parlo con la gente e spesso non la capisco. Adoro accontentare e non mi accontento mai. Ho un passato che pesa, un presente che brilla e un futuro che non so proprio cosa possa diventare.